
CI SONO GIORNI

L’amore tossico è come le sigarette.
All’inizio ti manca in un modo incontenibile, ma se riesci a superare il periodo critico, ti rendi conto che è stupendo starne senza, ti senti ossigenato, purificato e alla fine, anche solo l’odore del fumo o semplicemente a pensare a quella persona, ti viene un senso di schifo.
– Miriam Messina
La prima volta che vidi Massimo non c’era neanche un elemento che ci fosse di aiuto per una eventuale storia. Dicono che si incontri la persona giusta, quando tutte le circostanze e gli eventi sono concatenati perché l’amore possa manifestarsi, invece nel nostro caso, fu diverso, molto diverso.
Quell’anno in cui lo incontrai, ero sposata, non felicemente, ma neanche tristemente. Avevo un nuovo lavoro, da poche settimane, un lavoro piuttosto impegnativo, come consulente aziendale. Quell’anno, nessuno di noi italiani, lo dimenticherà tanto facilmente, perché fu l’anno terribile della pandemia che si diffuse dalla Cina.
Incontrai Massimo a Ischia, dove ero stata chiamata da un albergatore, per una consulenza contabile. Era febbraio, l’hotel era molto raffinato ed elegante, si trovava nella zona della spiaggia dei Maronti, che in quel periodo dell’anno è affascinante come può esserlo soltanto il mare d’inverno. La mattina tenevo le mie consulenze all’albergatore e al suo staff, mentre il pomeriggio andavo a passeggiare sulla spiaggia, dove lo vidi per la prima volta . Era con una ragazza molto bella, che notai subito perché somigliava alla mia migliore amica dei tempi della scuola: alta, bionda, sottile, elegante. Massimo le cingeva le spalle e le parlava all’orecchio. Io passeggiavo e in quel momento mi squillò il telefono. Era mio marito, che aveva voglia di chiacchierare, mentre io no, perché avevo già parlato tutta la mattina al lavoro. Era la mia prima esperienza da consulente, ed ero molto tesa. Chiusi così parecchio in fretta la telefonata.
Massimo si voltò e mi guardò. La spiaggia era deserta, c’eravamo solo noi tre. Aveva uno sguardo talmente invadente, che mi chiusi meglio il cappotto d’istinto, perché avevo l’impressione che sentisse ciò che pensavo. Proseguii la passeggiata e tornai in albergo. Entrai in camera e mi feci una doccia, mentre in sottofondo c’era la canzone che aveva vinto l’ultimo festival di Sanremo. Avevo acceso la tv prima di entrare in bagno , sintonizzandola su un canale musicale.
Infilai l’accappatoio e mi guardai allo specchio. Ero sempre bellissima, più il tempo passava e più mi trovavo bella.
Mi stesi sul letto e cambiai canale. Il tg parlava del virus, che forse sarebbe arrivato anche in Italia, ma ero già distratta pensando al lavoro. Il giorno dopo mi aspettava una giornata pesante, perché avremmo dovuto analizzare i registri contabili.
Indossai un vestito leggero, la temperatura a Ischia era mite, sui 15 gradi, e l’hotel era ben riscaldato. Scesi in sala ristorante per la cena. Avevo organizzato tutto direttamente in hotel, perché non avevo voglia di girare l’isola da sola per trovare un ristorante. In sala eravamo una decina di persone. Pensai a come dovesse essere vivere su un’isola, in inverno, con pochi turisti e il mare come una proprietà privata.
Mentre ci pensavo, lo vidi seduto a uno dei tavoli, da solo. Mi sorrise da lontano. Pensai che era proprio sfacciato e mi sedetti al mio tavolo. Neanche il tempo che mi portassero il primo, si era già presentato e accomodato accanto a me . Disse che era triste mangiare da soli, così cenammo insieme. Appena si sedette, pensai a tutte le mie amiche che si lamentavano di come fosse difficile incontrare un uomo interessante, mentre io ne incontravo senza fare mai il minimo sforzo. Era bello Massimo, ma non ci feci caso più di tanto, perché la mia testa era distratta e lo guardavo come un uomo che non potesse essere mio, perché ero sposata, e lui era con quella splendida ragazza bionda. Quella sera bevvi molto vino bianco, frizzante, mentre lui parlava. Mi piacevano gli uomini che parlavano tanto, e mi raccontò che era a Ischia per la sua ragazza, che viveva lì, ma che quella sera avevano litigato e lei lo aveva lasciato solo in hotel. A un certo punto non ascoltavo più ciò che diceva, guardavo solo le labbra che si muovevano. Erano labbra magnifiche, da bacio.
– Miriam Messina
Le piaceva pulire la cucina la sera, anche se era stanca, così la mattina dopo, quando il sole filtrava dalle tendine, invece di illuminare i piatti sporchi, irradiava la tazza del latte fumante e il caffè, con tutti i biscottini fragranti e burrosi.
Il momento della colazione era uno dei suoi preferiti della giornata, e il vero lusso era poterlo assaporare da sola e in silenzio.
Da qualche anno aveva cominciato a gustarsi la vita a modo suo, senza forzarsi a fare nulla, che non fosse proprio necessario, a parte il lavoro e la cura dei suoi familiari.
Aveva smesso di andare a fare visite di convenienza, aveva smesso di andare a fare la spesa tutti i giorni, aveva smesso persino di andare alla messa.
Quando vedeva che il frigo era quasi vuoto, e non riusciva più a ricavarne neanche un pranzo, allora preparava parecchie sportine per la spesa, e andava a fare grandi provviste.
Appena aveva venti minuti liberi, decideva di scendere a piedi a camminare, senza perdere tempo a organizzare con le amiche, che spesso avevano da fare, e rimandavano sempre, aspettando l’appuntamento perfetto, mentre lei intanto, aveva già fatto una bella passeggiata.
Si sentiva libera di organizzare ogni minuto della sua giornata, senza pressioni e senza ansia e si chiese perché mai non lo avesse deciso prima. In fondo la maggior parte delle cose che facciamo, sono dettate dalla paura del giudizio degli altri e della nostra coscienza.
Lo aveva capito in tempo, fintanto che aveva ancora parecchi anni per godersi la vita, e per festeggiare questa consapevolezza, decise di prepararsi uno spritz.
– Miriam Messina
Si voltarono verso il mare.
Le parole inutili.
A chi l’avesse visti da lontano,
guardare l’orizzonte,
sarebbero parsi una coppia
di innamorati freschi
e invece
stavano salutando l’amore,
ne stavano gettando le ceneri in mare,
senza dirselo,
ma coscienti entrambi.
Guardavano l’acqua
e gli occhi sussultavano
a ogni granello di ricordo
che scendeva in fondo,
nella cassapanca ammuffita
dove vanno a dormire
gli amori finiti.
Come erano belli:
alti, eleganti,
distinti
alteri,
ma a guardarli meglio,
attoniti,
ammutoliti dall’amarezza,
di un amore spirato di morte naturale,
di cui stavano celebrando il funerale.
Poi il saluto tra loro,
come nulla fosse accaduto.
“A presto”, dille lui
“A presto”, rispose lei.
L’ accenno di sorriso,
il bacio a stampo sulle labbra,
nessun abbraccio forte
a palesare la verità.
L’addio.
– Miriam Messina
Se ti mettono dalla parte degli errori, esci dalla conta e vattene. Tu sei un dono, non uno sbaglio.